Page 18 - UOMINI E NO - STAGIONE 2017-2018 - PICCOLO TEATRO MILANO
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                                     VITTORINI RACCONTA VITTORINI
                                     di Demetrio Vittorini











                                     Via Pacini
                                     In una lettera al fedele Guarnieri del 3 marzo 1939 Elio
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                                     annunciò: «Io intanto mi trovo a Milano e sono contento:
                                     ho una bella casa, una bella via, la vicinanza di Giansiro
                                     e Carlo Emilio. L’indirizzo è via Pacini 23 (ripeto 23)».
                                     Così il trasferimento a Milano dalla «faziosa Firenze»
                                     avvenne nel febbraio di quell’anno.
                                     Mia madre e noi bambini seguimmo a ruota. La casa di
                                     Firenze, ammobiliata, restò affidata ai nonni di
                                     Quasimodo.
                                     Durante la guerra servì da rifugio a Umberto Saba
                                     e famiglia che dovettero scappare da Trieste occupata
                                     dai nazisti.
                                     «Tutto mi portò via il fascista abbietto ed il tedesco
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                                     lurco.» Via Pacini piacque a Elio, ma i bambini sono dei
                                     grandi conservatori in fatto di gusti e noi rimpiangevamo
                                     via Delle Carra e le Cascine. Da via Pacini non era
                                     lontano il Parco Lambro. Un sottopassaggio nella
                                     stazione di Lambrate ci apriva un altro mondo con
                                     carrozzoni e giostre di un luna park e il verde umido e
                                     piatto della campagna lombarda. «Campagna da culo
                                     pieno», la definiva Elio.
                                     Ma c’erano molte cose che a me convincevano poco.
                                     I bambini di via Pacini si chiamavano popi e i babbi papi.
                                     Le bambine la domenica uscivano con in testa, chissà
                                     perché, un cappello rotondo. Ancora non in età da
                                     andare a scuola, fui messo all’asilo dalle suore. Notai la
                                     forfora nei capelli di qualche bambina e bambino e mi
                                     rifiutai da quel giorno di mangiare gli spaghetti se sopra
                                     ci grattavano il formaggio. Occorse molto tempo e molta
                                     pazienza per spiegare che quella fobia mi veniva
                                     dall’«asilo».
                                     Molti anni più tardi, una sera in viale Gorizia si parlò della
                                     resistenza nelle città italiane e di come la maggioranza

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                                      I libri, la città, il mondo. Lettere 1933-1943. Einaudi, Torino 1985.
                                      La lettera si trova a p. 94.
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                                      Da Avevo di Umberto Saba, 1944
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