Page 15 - UOMINI E NO - STAGIONE 2017-2018 - PICCOLO TEATRO MILANO
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private. Ma per Vittorini i valori pubblici e quelli privati
dovrebbero fondersi, contribuendo a formare un’etica
laica dove l’autenticità dei sentimenti dovrebbe sempre
sconfiggere ogni costrizione e conformismo, ogni
vincolo artificioso e inautentico. Per questo Berta, la
donna sposata che Enne 2 ama da dieci anni,
dovrebbe seguire i propri veri sentimenti; e per questo
Berta, vedendo i cadaveri degl’innocenti giustiziati dai
nazisti a Largo Augusto, dovrebbe cogliere la verità
ultima dell’Uomo, e dunque anche di se stessa. Ma la
risoluzione non arriva, perché Berta, bloccata nelle
secche del perbenismo piccolo-borghese, pur
ricambiando l’amore di Enne 2 non si decide a lasciare
il marito: e la disperazione privata prevale nel
protagonista sul pur fermissimo intento di combattere
senza quartiere gli oppressori nazifascisti. La
Liberazione politica dovrebbe insomma per Vittorini
coincidere con una liberazione individuale, capace di
affermare in ogni contesto, anche in quello privato,
i valori autentici dell’Uomo. Va notata peraltro la
coraggiosa precocità con cui Vittorini mette in scena un
intreccio problematico di privati sentimenti e pubblico
engagement. Anni dopo, Beppe Fenoglio lo reinventerà
genialmente in Una questione privata (1963), giusto a
ridosso della quarta e definitiva edizione di Uomini e no
(sulla cui complessa vicenda editoriale si veda la
recente monografia di Virna Brigatti, Diacronia di un
romanzo).
In Vittorini come in Fenoglio il conflitto fra grandi
compiti collettivi e vicenda amorosa si incardina sulla
rimodulazione dello schema antichissimo del ménage à
trois: lui – lei – l’altro. Lo schema base è poi complicato
dall’opposizione fra la ricerca della felicità e il dovere.
Ma l’elementarità archetipica di questi conflitti viene
arricchita anche da altri fattori. Per Vittorini comunque
la lotta politica e militare deve avere come fine ultimo la
felicità: che è individuale, ma deve essere per tutti.
E se la “bella vecchia” Selva si fa portatrice esplicita
dell’esigenza della felicità, anche la giovane Lorena,
con la sua laica e limpida morale sessuale, fa da netto
contrappunto alle irresolutezze di Berta. Da questo
punto di vista, la contraddizione fra pubblico e privato
non esiste: solo per la felicità vale infatti la pena di
combattere e rischiare la morte; e solo in nome della
felicità può diventare necessario uccidere. Sulla
questione politica aleggia sempre per Vittorini
l’interrogativo angoscioso sulla legittimità della
violenza. L’utopia della felicità, non meno individuale
che collettiva, deve essere l’ideale regolatore della
battaglia politica. Ma la Storia chiede di schierarsi, di
fare scelte nette. Anche per questo l’imperativo morale
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