Page 16 - UOMINI E NO - STAGIONE 2017-2018 - PICCOLO TEATRO MILANO
P. 16

UOMINI_E_NO_PROGR_DEF_21_10_15.30.qxp_2011  23/10/17  09:49  Pagina 16



            GIANNI TURCHETTA
                                     della felicità s’intreccia con l’angosciosa domanda su
                                     “Che cosa è l’Uomo?”. Con la sofferta constatazione
                                     che la violenza e l’ingiustizia sono parte dell’Uomo: per
                                     questo l’antitesi Uomini-Non uomini non si può
                                     sciogliere, perché non ci sono solo Uomini-Uomini
                                     opposti a Uomini-Non Uomini. Anche se il capo dei
                                     fascisti è inequivocabilmente Cane Nero, il Non Uomo
                                     resta in agguato dentro ciascuno di noi, e va tenuto a
                                     bada: nessuno può essere tranquillo. Ciò rende ancora
                                     più importante, davvero cruciale, la questione della
                                     violenza politica, sulla quale, significativamente, Uomini
                                     e no si chiude. Uccidere è male, certo, specie se si
                                     colpisce, come fanno con malvagia intenzione i
                                     nazifascisti, ciò che è più Uomo nell’Uomo. Ma la
                                     violenza può essere necessaria: solo che deve essere
                                     calibrata, funzionale, capace di riconoscere ciò che è
                                     proprio dell’Uomo, e pure di discernere senza indugio i
                                     Nemici. A loro volta, questi non smetteranno mai di
                                     essere anche Uomini, esposti al dolore, alla paura e
                                     alla morte: “Anche un figlio di puttana può dire
                                     «mamma»”.
                                     Dal canto suo Enne 2, bloccato com’è nella sua
                                     “questione privata”, pur essendo molto vicino all’autore,
                                     inibisce una franca immedesimazione. Capo partigiano
                                     abilissimo, rispettato e amato, determinato e
                                     carismatico, affianca all’azione rovelli cerebrali, da
                                     intellettuale decadente. La sua problematicità trova
                                     efficace sintesi nella sua morte, “avvolta da un’aura di
                                     indeterminatezza che la rende più patetica: ma non
                                     consente di eroicizzarla”, come osserva molto
                                     finemente Vittorio Spinazzola. La duplicità di Enne 2 e
                                     del romanzo trova riscontro grafico, nell’alternanza fra
                                     capitoli in tondo e capitoli in corsivo, che corrisponde a
                                     due narratori profondamente diversi: l’uno tutto
                                     oggettivo, behaviorista e dinamico, nei capitoli in tondo;
                                     l’altro impegnato in un tormentato dialogo con il
                                     protagonista e con la propria stessa scrittura, così da
                                     creare una vistosa stratificazione meta-narrativa, che si
                                     affianca ai grandi interrogativi morali. La versione
                                     teatrale ha dovuto cancellare i corsivi: ma il copione di
                                     Michele Santeramo è attento a ricostituire nella
                                     sceneggiatura le questioni di fondo e i passaggi
                                     strategici dei corsivi, ricollocandoli nel cuore dei
                                     dialoghi, già nel romanzo assai ampi, tanto da
                                     predisporlo abbastanza naturalmente alla riscrittura per
                                     le scene.
                                     Certo le duplicità di Uomini e no mettono radici nella
                                     compresenza di narratività e poeticità. Si pensi alle
                                     frequenti metafore (come il “coprifuoco-ragno”), ma
                                     ancora di più alla fitta trama di ripetizioni, fra cui
                                     spiccano i rilanci ad eco delle battute dei dialoghi.


             16
   11   12   13   14   15   16   17   18   19   20   21