Page 12 - UOMINI E NO - STAGIONE 2017-2018 - PICCOLO TEATRO MILANO
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            MICHELE SANTERAMO
                                     Mi interessava che la vicenda raccontata nel romanzo
                                     venisse riportata in scena con le stesse dinamiche,
                                     perché la storia rimanesse la stessa. Per restituire la
                                     stessa storia però, è stato necessario fare aggiunte,
                                     oltre che scegliere dei tagli: aggiunte di personaggi,
                                     di scene intere, provando a non tradire mai però il
                                     sentimento che è alla base della narrazione di Vittorini.
                                     Il romanzo ha poi una sua tipicità che lo rende unico:
                                     si tratta degli interventi in corsivo, quelli in cui l’autore
                                     parla direttamente ai suoi personaggi e al lettore, un
                                     intervento diretto nella vicenda. In questo caso, la
                                     drammaturgia ha provato a sedimentare quelle parti in
                                     corsivo e a distribuirle poi, dove era dal mio punto di
                                     vista necessario, nel dialogo tra i personaggi, facendo
                                     aderire volta per volta ciascun personaggio a un
                                     pensiero dell’autore, cercando di fare in modo che
                                     quel pensiero diventasse il motivo dell’azione di questo
                                     o quel personaggio.
                                     L’ingenuità e la tenerezza sono già nel dialogo del
                                     romanzo, e la drammaturgia ha provato a sostenerle e
                                     a metterle maggiormente in luce. Non è una questione
                                     formale, è tutta sostanziale. La ripetizione di senso
                                     all’interno delle battute, e la sospensione tra quella
                                     ripetizione, sono il segno esatto di personaggi capaci
                                     di quella ingenuità adulta che ho cercato. Non
                                     affermano soltanto. Ogni battuta afferma e chiede
                                     conferma, come fosse un gioco, serio e meraviglioso,
                                     il gioco a scoprirsi e celarsi, per vedere se quella
                                     relazione possa essere spostata dentro, invece che
                                     vissuta fuori.
                                     “Sei stanco. Non è vero che sei stanco?”
                                     “È di nuovo come sempre. Non è di nuovo come
                                     sempre?”
                                     Affermazione e domanda, presenza e ritrosia, certezza
                                     e bisogno di conferma.

                                     C’è un tema che mi è sembrato essenziale: questi
                                     personaggi tentano tutti di imboccare una strada che li
                                     metta in una condizione di felicità, che almeno in
                                     prospettiva li porti a quella condizione. Lo fanno
                                     muovendosi in gruppi, pianificando azioni comuni,
                                     come se la felicità potesse essere un traguardo da
                                     raggiungere insieme. Ma accanto a questo, Enne 2 e
                                     tutti sanno, ciascuno nel profondo di sé, che quel
                                     traguardo lo si raggiunge da soli. Ciascuno per sé. E si
                                     affannano, per combattere su due fronti: quello
                                     pubblico perché lo richiede la sopravvivenza, quello
                                     personale perché è necessario e bello.
                                     Vittorini scrive, a proposito del fascismo: se non fosse
                                     nell’uomo, esisterebbe? Se la cattiveria non fosse


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