Page 12 - QUESTA SERA SI RECITA A SOGGETTO - PICCOLO TEATRO MILANO - STAGIONE 2015/2016
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IL DRAMMA DELLE PASSIONI
di Guido Davico Bonino
Appartengo a una generazione i cui maestri vietavano
qualsiasi tentativo di travasare, nelle prime indagini
letterarie, la vita nella letteratura: adoravano il Proust del
Contro Sainte-Beuve per la sua intolleranza in proposito
(non avevamo capito che il suo avversario era stato il più
fine e profondo conoscitore dell’Ottocento letterario
europeo). Nel nostro manicheismo, il “cerebrale” Pirandello
era, sotto questo punto di vista, un modello: ci beammo,
all’epoca, di tutti i suoi saggi o interventi come dinnanzi ad
altrettante tessere di un raffinato mosaico: e nella “Trilogia
del teatro nel teatro” ( Sei personaggi in cerca d’autore ,
1921; Ciascuno a suo modo , 1924; Questa sera si recita a
soggetto, 1929) non esitammo a ravvisare il manifesto in
atto di un nuovo modo di concepire il rapporto realtà-
finzione (spinti anche dalla contemporanea scoperta – si
era sul finire degli anni Cinquanta – del cosiddetto “effetto di
straniamento”, propugnato dall’altro grande “rivoluzionario”
della scena novecentesca, Bertolt Brecht).
Ci vollero un paio di decenni almeno (nel frattempo
avevamo intrapreso, a nostra volta, la carriera di insegnanti)
prima che, grazie a un grande francesista-italianista,
Giovanni Macchia, scoprissimo, volume dopo volume nei
Meridiani Mondadori, il “vero” Pirandello; e fu uno studioso
che non si era neppure laureato, Alessandro d’Amico (figlio
dell’autorevole critico Silvio) a farci dono, dopo
scrupolosissime e massacranti ricerche, dei quattro “nuovi”
volumi delle Maschere nude . Il quarto, in cui è incluso, per
l’appunto, Questa sera si recita a soggetto , vide la luce nel
non remoto 2007. Apprendemmo così che la prima
scheggia del terzo tassello dell’imponente ed esigente
trilogia consisteva in una novella apparsa sul “Corriere della
Sera” del 6 novembre 1910, Leonora, addio! : «tragedia
della gelosia nella forma più terribile: la gelosia del passato
– così postilla col consueto lucido garbo il d’Amico –. Una
ragazza, Mommina, ha sposato un uomo, Rico Verri, che la
tortura, rinfacciandole inesistenti tradimenti da lei mai
compiuti, la segrega in casa, la seppellisce tra quattro
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di Guido Davico Bonino
Appartengo a una generazione i cui maestri vietavano
qualsiasi tentativo di travasare, nelle prime indagini
letterarie, la vita nella letteratura: adoravano il Proust del
Contro Sainte-Beuve per la sua intolleranza in proposito
(non avevamo capito che il suo avversario era stato il più
fine e profondo conoscitore dell’Ottocento letterario
europeo). Nel nostro manicheismo, il “cerebrale” Pirandello
era, sotto questo punto di vista, un modello: ci beammo,
all’epoca, di tutti i suoi saggi o interventi come dinnanzi ad
altrettante tessere di un raffinato mosaico: e nella “Trilogia
del teatro nel teatro” ( Sei personaggi in cerca d’autore ,
1921; Ciascuno a suo modo , 1924; Questa sera si recita a
soggetto, 1929) non esitammo a ravvisare il manifesto in
atto di un nuovo modo di concepire il rapporto realtà-
finzione (spinti anche dalla contemporanea scoperta – si
era sul finire degli anni Cinquanta – del cosiddetto “effetto di
straniamento”, propugnato dall’altro grande “rivoluzionario”
della scena novecentesca, Bertolt Brecht).
Ci vollero un paio di decenni almeno (nel frattempo
avevamo intrapreso, a nostra volta, la carriera di insegnanti)
prima che, grazie a un grande francesista-italianista,
Giovanni Macchia, scoprissimo, volume dopo volume nei
Meridiani Mondadori, il “vero” Pirandello; e fu uno studioso
che non si era neppure laureato, Alessandro d’Amico (figlio
dell’autorevole critico Silvio) a farci dono, dopo
scrupolosissime e massacranti ricerche, dei quattro “nuovi”
volumi delle Maschere nude . Il quarto, in cui è incluso, per
l’appunto, Questa sera si recita a soggetto , vide la luce nel
non remoto 2007. Apprendemmo così che la prima
scheggia del terzo tassello dell’imponente ed esigente
trilogia consisteva in una novella apparsa sul “Corriere della
Sera” del 6 novembre 1910, Leonora, addio! : «tragedia
della gelosia nella forma più terribile: la gelosia del passato
– così postilla col consueto lucido garbo il d’Amico –. Una
ragazza, Mommina, ha sposato un uomo, Rico Verri, che la
tortura, rinfacciandole inesistenti tradimenti da lei mai
compiuti, la segrega in casa, la seppellisce tra quattro
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