Page 29 - PICCOLO TEATRO MILANO - FREUD
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AL CINEMA CON IL DOTTOR FREUD
                               recente A Dangerous Method di Cronenberg
                               (Fassbender-Carl Gustav “versus” Mortensen-Sigmund).
                               Altre apparizioni ironiche e-o fantastiche si trovano in
                               Un inguaribile romantico, Sogni d’oro, Cattiva, Prendimi
                               l’anima, mentre Diario di una schizofrenica di Nelo Risi
                               (1968) fu l’opera di un medico regista e poeta, e 1919
                               di Hugh Brody, dell’83, è l’incontro nella Vienna anni ’70
                               di due pazienti di Freud (Scofield e la Schell),
                               omosessuali vittime del nazismo.
                               Ma il potere inconscio del film non sta solo nel soggetto
                               biografico dei dottori e nel riprendere il lettino; o in alcuni
                               prodigiosi noir che sono magnifici casi freudiani, ma nel
                               traslato che la vicenda comunica, giacché ogni
                               spettatore è un potenziale Freud e un film offre più
                               materia fantastica e quel briciolo di arte che magari
                               manca a volte nella vita vissuta. In tutto ciò si
                               presuppone la patologia delle figure dei maggiori generi,
                               noir e western (fino ai Segreti di Brokeback Mountain
                               si poteva solo intuire l’utilizzo del tempo libero dei
                               cowboys), poliziesco e melodramma, che è una summa
                               di inferni familiari a porte chiuse. Patologie oggi riversate
                               in magnifiche serie che non hanno niente da invidiare
                               alle nevrosi del grande schermo (Mad men, Sopranos
                               con le sedute di Gandolfini dalla sua analista, oltre
                               ovviamente a In treatment, cronistoria di alcuni pazienti-
                               tipo visti seduta dopo seduta). Osservazioni prima
                               taciute si sono poi infine svelate senza paura con
                               l’ingresso trionfale del complesso di Edipo (in cui si
                               riconoscevano tutti i giovani divi anni ’50 da Dean a
                               Brando a Newman), le gatte sui tetti che scottano, i
                               concertati femminili di Cukor, amico delle donne, le
                               paure di castrazione (sempre il caro Tennessee) e i
                               turbamenti delle Colazioni da Tiffany di Capote (una
                               miniera freudiana, fin troppa grazia). Si arriva seguendo
                               la strada maestra fino ai grandi torturati-torturatori
                               Bergman, Buñuel, Almodóvar e Mizoguchi, Lynch,
                               Tarantino, Keaton e mille altri con menzione di merito
                               agli asiatici. Un elenco infinito che sarebbe impossibile
                               anche soltanto tentare, ma dove i nostri registi (Fellini
                               primo, ma anche Antonioni, Germi, Bertolucci superstar,
                               Bellocchio e oggi Sorrentino) hanno avuto un peso
                               specifico molto rilevante e sempre in fieri.













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